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VOX POPULI, VOX DEI

Ho passato le ultime sere guardando la saga di Creed, buon sequel di quell’irraggiungibile Rocky che ha accompagnato la crescita di ogni millennial e non solo, ma affamato di cinema e mai pago ho continuato a cercare qualche proposta narrativa che non mi lasciasse con quel giudizio sospeso, quasi ormai certo per le produzioni contemporanee. Alla fine l’ho trovato in casa, nella semplicità del cinema italiano, anzi napoletano. “Mixed by Erry”.
Senza spoilerarvi nulla ma certo di invitare ad intrattenervi con un lungometraggio più che ben fatto, si inserisce a mio avviso nel controverso dibattito ancora aperto in merito al rogo della Venere degli stracci di Pistoletto esposta in Piazza Municipio a Napoli.
Un clochard infastidito da quell’ingombro estetico, le ha dato fuoco lasciandone in piedi solo la gabbia della riproduzione ritrita di quella che fu l’originale idea del 1967.
Una purificazione? Un semplice rigetto, o una chiara espressione di vox populi (vox dei)?

Mentre il gotha degli addetti ai lavori si straccia le vesti scandalizzato dal gesto estremo di repulsione e mette su raccolte fondi filantropiche per il suo restauro (quando secondo gli astanti bastava prendere per due lire un po di cenci al mercatino di Resina ad Ercolano), i cittadini si interrogano non sul senso ermeneutico dell’opera d’arte, ma sui 168.000 euro di soldi pubblici sperperati per far felici i frequentatori dei vernissage a porte chiuse.

ggg
Copyright: 01 Distribution – http://www.01distribution.it/film/mixed-by-erry#1 (CC BY-SA 4.0)

Comunque, si parlava di Mixed by Erry, dove quello che è un Amarcord degli anni ‘80 si rivela essere stata una storia di successo imprenditoriale per tre fratelli che hanno pestato le scarpe ad un sistema (quello delle grandi major musicali) che ha tentato di fermarli fino a poi riuscirci dandogli la caccia come ai “pirati”.
Non un’esaltazione del male alla Garrone, o come nell’omonima serie per la regia di Sollima, quelle che sono state le trasposizioni su pellicola del Gomorra di Saviano, tanto ossequiate dalla critica e dal pubblico addomesticato in cerca di antieroi spietati nei quali immedesimarsi, quei registi e scrittore assieme responsabili ma mai penitenti di una mitizzazione della criminalità violenta per una generazioni di ragazzini con il sogno del potere e dell’adrenalina del sottomondo camorristico, ma uno schiaffo quello di Mixed by Erry all’ipocrisia borghese tipica di quelli alla Matilde de Serao, che sui pezzenti, sul raccontarne con compassione la loro infima esistenza riempie spazi tipografici e conversazioni di diletto, senza però mai rischiare di far convergere i due mondi, quello dei ricchi e quello dei poveri.

In Mixed by Erry i fratelli Frattasio costruiscono un impero finanziario ricordandosi del loro prossimo, del loro quartiere, della loro città, trasformando tutti quelli dimenticati da sempre dallo Stato e a rischio vessazione da parte della spietata criminalità organizzata, in imprenditori e dipendenti in una legalità marginale, ma nella logica del multilivello e del lavoro per tutti

Lavoro come dignità che cerca ogni individuo, che si stringe in una dimensione di appartenenza e in un senso di difesa per ciò che gli accade intorno nell’invasione dei suoi spazi.
Da qui la lezione che rende la questione molto semplice, l’opera pubblica deve entrare in punta di piedi negli spazi appartenenti alla collettività, quella collettività che vive la praticità e la durezza della vita e che vede violarsi casa spesso da brutture che sia per chi le progetta che per chi le commissiona, nulla hanno d’interesse nel dialogo non solo concettuale, ma peggio ancora estetico.
Assistiamo quindi da anni ad una mortificazione della civiltà che ci ha preceduto, nello spregio dei suoi spazi e dei suoi custodi di diritto, solo per quella ipocrisia suddetta che vuole fingere empatia per il popolo senza però avere coscienza del prendersene cura in comunione condividendo la tavola nello spezzare il pane assieme, e allora basta con interventi destinati alla giusta fine fatta dalla vergine delle pezze.
Basta con il nulla.

Giovanni D’Onofrio

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